Mamme felici, figli felici

In occasione della festa della mamma il mio pensiero va a tutte le mamme e al loro benessere.

Essere madri non comporta, come certi stereotipi ci possono far pensare, solo emozioni positive ma è fonte anche di sensazioni negative come stress, paura, frustrazione e a volte anche rabbia.  

La nostra società moderna implicitamente ci impone di essere sempre efficienti, capaci, positive, ma sappiamo che questo non è sempre possibile, ci sono momenti bui e negativi che vanno accettati come parte della vita, anche di madre.

È  importante per ogni donna concedersi di essere triste, arrabbiata, impaurita. Più cerchiamo di negare le nostre fragilità e censurare le emozioni negative più queste aumentano fino ad arrivare a volte ad esiti psicopalogici (ansia, depressione, senso di fallimento, ecc…)

Ogni madre deve sempre ricordare di essere in primo luogo una donna con i suoi bisogni e desideri. Non dobbiamo mai dimenticare che per prendersi cura degli altri bisogna prima prendersi cura di se stessi. Sia dal punto di vista mentale che fisico, per questo bisogna saper chiedere aiuto a chi ci sta intorno: sorelle, nonni, baby sitter…

L’essere umano viene infatti definito “allevatore collaborativo”, i suoi cuccioli vengono allevati ed educati da tutta una serie di figure -nonni, zii, fratelli maggiori, baby sitter, educatori dell’asilo nido, insegnanti … –   più che in tutte le altre specie animali. Quindi pensare di fare tutto da sole non solo è impossibile ma anche biologicamente sbagliato…!

A volte nel dedicare del tempo al lavoro o a noi stesse subentra il senso di colpa materno. Ti do una notizia:  è stato dimostrato che il senso di colpa è parte integrante dell’essere mamma, quindi inevitabile. Questo perché in una prospettiva evolutiva è utile alla sopravvivenza della nostra specie: se le madri nostre antenate si fossero sentite in colpa nel trascurare i loro figli era più probabile che questi sarebbero sopravvissuti. Quindi anche se ci sentiamo in colpa non significa che stiamo necessariamente sbagliando, ricordiamoci che il senso di colpa ci sarà comunque prima o poi, è nel nostro DNA, noi dobbiamo continuare comunque a fare ciò che è giusto per noi e per i nostri figli.

Penso che il messaggio che vogliamo mandare ai nostri figli e soprattutto figlie sia che bisogna prendersi cura di noi stessi il che significa  concedersi anche il riposo, il piacere e il benessere.

Ritagliamoci del tempo per noi stesse perché madri felici hanno figli felici!

Le Zoofobie: sconfiggiamo la paura dei piccioni

Viene al mio studio Maria, una signora sui 50 anni che mi confessa subito la sua paura più grande: i piccioni. Una paura che la accompagna da una vita ma con la quale ha imparato a convivere, infatti Maria è diventata molto brava ad evitare l’incontro con i temuti animali, stando alla larga dalle zone della città dove sapeva li avrebbe incontrati. Adesso questo non è più possibile perché essendosi trasferita in centro-città per lavoro, deve attraversare tutti i giorni una piazza dove sa che l’incontro sarà inevitabile. “Ho capito che è arrivato il momento di fare qualcosa per vivere meglio e non stare così male ogni volta, ho letto a proposito della Terapia Strategica e voglio provare a risolvere”

Ci sono tante paure quante se ne possono immaginare; c’è chi ha paura di alcuni animali come i cani, i gatti, i volatili, gli insetti, i ragni, le lucertole, ecc… c’è invece chi ha paura di alcune situazioni specifiche come degli spazi chiusi come l’ascensore, chi ha paura di prendere l’aereo, chi di guidare in autostrada, ecc… “lei è in buona compagnia!” sorride.

Comincio ad indagare quello che la signora sta mettendo in atto per affrontare la situazione e trovo una serie di Tentate Soluzioni che Maria ha messo in atto per cercare di risolvere il problema ma che in realtà hanno contribuito a complicarlo.

Solitamente chi ha questo tipo di paura per evitare di trovarsi faccia a faccia con il nemico farebbe di tutto. La prima cosa che viene da fare è stare alla larga da tutte le zone frequentate dai piccioni, a costo di allungare la strada di chilometri, o di rinunciare ad andare in molti posti.

L’altra apparente soluzione al problema è farsi accompagnare da una persona di fiducia che ci fa sentire tranquilli. In realtà entrambi questi comportamenti se ripetuti nel tempo non fanno che accrescere la mia paura e confermare il mio senso di incapacità, è come se dicessi continuamente a me stesso “non puoi andare lì e non puoi andarci da solo perché non sei in grado di farcela!”

Un altro tentativo di soluzione è parlare spesso del problema ad amici e familiari, in questo modo anche se lì per lì mi sentirò accolto e compreso, in realtà più parlo della mia paura più la accresco e la rendo vera, un po’ come mettere un fertilizzante speciale sotto una pianta che da un bonsai diventa un baobab.

Come avviene spesso nei casi di fobie la paziente ha messo in atto tutti questi comportamenti che hanno aumentato a dismisura la sua paura tanto che adesso mi descrive il problema come invalidante: “non riesco ad uscire di casa tranquilla, sono sempre allerta e pronta a scattare se vedo il minimo movimento nell’aria. Ogni volta che arriva anche un solo uccello, se è lontano aspetto che vada via, se si avvicina mi comincio a sentire male, il cuore mi va a mille, comincio a respirare male, la paura mi assale, scappo a gambe levate senza neanche riuscire a pensare a quello che sto facendo. Penso solo –devo andar via, devo mettermi in salvo subito!-“

Dopo averle spiegato in breve in cosa consiste la Terapia Strategica la rassicuro che ci sono decine di migliaia di casi come il suo nel mondo che sono stati risolti con questo metodo. Le spiego che questo tipo di problema si risolve piuttosto rapidamente se mi seguirà nelle indicazioni che le darò, anche se a volte possono sembrare strane.

Come prima cosa la invito ad evitare il più possibile di mettere in atto i comportamenti di cui abbiamo parlato che peggiorano il problema.

Poi le propongo di dedicare un’ora al giorno a studiare il nemico poiché prima di affrontarlo dobbiamo conoscerlo meglio. Dovrà procurarsi tutto il materiale possibile sui piccioni e documentarsi su questo curioso animale: le varie razze, i comportamenti, le abitudini… dovrà quindi diventare un’esperta in materia.

La seconda indicazione che le do è questa: dovrà tutti i giorni uscire di casa per misurare il limite che riesce a raggiungere nell’avvicinarsi al volatile, ma senza mai superare questo suo limite e senza andare in ansia. Vediamo se nel corso dei giorni questa misura cambierà o rimarrà sempre la stessa.

Un po’ impaurita dalle indicazioni accetta di provare ad eseguirle.

All’appuntamento successivo torna e con stupore afferma che, inizialmente anche solo pensare di osservare delle immagini di piccioni la spaventava a morte, ma dopo i primi giorni di “studio” la sua paura è via via scemata ed anzi ha cominciato a decantarmi tutte le nuove conoscenze sulle varie specie e sulle loro particolarità.

Inoltre nella misura del limite è riuscita ad avvicinarsi molto di più di quello che avrebbe pensato senza mai avere paura.

Mi complimento per l’ottimo inizio le raccomando però di non correre troppo perché sennò si rischia di andare fuori strada.

Continuiamo con il protocollo della Peggiore Fantasia, tecnica per eccellenza per la terapia di molte forme di fobie e paure patologiche, compreso il disturbo da attacchi di panico (per approfondimenti sulla tecnica della Peggiore Fantasia leggi l’articolo sugli attacchi di panico).

Nel corso delle sedute il limite della sua paura si riduce sempre di più, nel giro di qualche mese la signora Maria riesce ad andare al lavoro a piedi passando vicino ai temuti uccelli e in una decina di sedute mi mostra un video che la ritrae seduta in una panchina della città mentre dà da mangiare del mais agli ex-nemici piccioni.

La paura guardata in faccia diventa coraggio, la paura evitata diventa timor panico

Per approfondimenti:

  • La terapia degli attacchi di panico. Giorgio Nardone (2016) Milano: Ponte alle Grazie.
  • Non c’è notte che non veda il giorno. Giorgio Nardone (2003). Milano: Ponte alle Grazie.
  • Oltre i limiti della paura. Giorgio Nardone (2000). Milano: Ponte alle Grazie.
  • Paura, panico, fobie. Giorgio Nardone (1993). Milano: Ponte alle Grazie.

Il Dubbio Patologico

Mai sentito parlare di dubbio patologico? Questo tipo di problema risulterà probabilmente nuovo al lettore, tuttavia è estremamente diffuso. La persona sente costantemente la testa affollata da mille pensieri in particolare dubbi, domande, interrogativi a cui cerca di dare una risposta per arrivare ad una soluzione. Per placare la sensazione di indecisione e incertezza si cerca di rassicurare se stessi attraverso il ragionamento, si esplora ogni possibile alternativa per poi ritornare puntualmente al punto di partenza. Infatti ogni domanda a cui si risponde in realtà porta con sé un altro interrogativo, e poi un altro e un altro ancora in un circolo vizioso di dubbi, domande e risposte che si autoalimentano. Le sensazioni che accompagnano questi ragionamenti non sono certo piacevoli, il non trovare una soluzione o una rassicurazione realmente convincenti porta la persona a sperimentare stati di ansia, agitazione, tachicardia, sudorazione, respiro affannoso, irritabilità, insonnia, ecc…

La sensazione provata è quella di non riuscire a “spegnere il cervello”, spesso dura tutta la giornata, a volte è presente in alcuni momenti specialmente quando si è più liberi e meno indaffarati.

L’argomento del dubbio può riguardare qualunque aspetto della vita: la paura di aver fatto la scelta giusta o aver fatto le cose nel modo giusto pensando al passato, oppure l’indecisione nel dover compiere una scelta o nel prendere una decisione, i dubbi riguardo ai sentimenti in una relazione, ecc… la cosa che li accomuna è che nonostante ci si applichi per arrivare ad una conclusione, gli sforzi sono vani e ci si ritrova sempre più spersi nel bosco, la matassa si annoda sempre di più.

Per far capire ancora meglio al lettore racconto la storia di Matteo. Questo ragazzo sui 30 anni viene da me dicendo che sta malissimo per dei continui interrogativi che lo martellano quando torna dal lavoro. Lui fa il desiner di mobili di lusso e ogni volta che torna a casa vorrebbe rilassarsi e “staccare il cervello dal lavoro” ecco che gli prendono mille dubbi: se ha fatto tutto correttamente durante la giornata al lavoro, se poteva farlo meglio, se il suo capo sarà soddisfatto, se, se… Per interrompere questa fastidiosa colonna sonora cerca di rassicurarsi o di distrarsi uscendo, ma anche con gli amici ecco che ripartono i dubbi e lui si assenta nel suo mondo. Allora cerca di sedare i pensieri con il vino o con i farmaci ansiolitici, ma finito l’effetto ecco di nuovo i affacciarsi l’insicurezza…

Oppure la storia di Serena che viene al mio studio perché atterrita dai dubbi sulla sua relazione amorosa con Davide. Rimugina continuamente: alcuni comportamenti del fidanzato sono indice che lui l’ama, i momenti passati insieme a lui sono felici; ma molti altri difetti, i consigli di alcune amiche o della madre le fanno pensare che non è il ragazzo giusto per lei. Così, presa da questa ansia di dover decidere sulla loro relazione, non riesce godersi neanche i bei momenti e il dubbio la consuma.

Come si esce da questo groviglio di dubbi e domande?

Ad entrambi do l’indicazione di Bloccare le risposte per inibire le domande, perché non esistono risposte intelligenti a domande stupide. Le domande che riguardano qualcosa che è già successo, come nel caso di Matteo, o se una cosa poteva essere fatta diversamente, è una domanda stupida perché riguarda qualcosa di passato e che quindi non possiamo cambiare. Lo stesso vale per Serena che cerca di arrivare col ragionamento ad una decisione che razionale non è e va presa con il cuore.

Quello che possiamo fare quando arrivano domande che non hanno una risposta certa, non è evitare di porci i dubbi perché questi arrivano da soli, ma smettere di rispondere poiché ogni tentativo di risposta in realtà è un nutrimento che do a mille nuove domande.

Il cuore conosce ragioni che la ragione non conosce

 

Per approfondimenti:

Nardone G., De Santis G. Cogito Ergo Soffro. Quando pensare troppo fa male. Ponte alle Grazie 2011

 

A dieta da una vita

Viene al mio studio Andrea, un ragazzo sui quarant’anni simpatico e dalla battuta pronta che dichiara subito “buongiorno dottoressa, non le dico qual è il mio problema perché si vede…!”. In effetti la sua corporatura è appesantita da una ventina di chili di troppo.

Andrea mi racconta che è una vita che è a dieta, non si ricorda neanche più quando non lo è stato e nonostante gli sforzi non riesce proprio a calare e a raggiungere un “peso salutare”.

“Anche il mio dottore insiste che devo perdere peso per la mia salute che comincia ad accusare i colpi, ma io proprio non riesco, o meglio perdo qualche chilo, riesco a tenermi a regime per qualche settimana ma poi li riprendo tutti con gli interessi.

Anche mia moglie cerca di sostenermi e prepararmi pasti leggeri, ma poi nelle pause in ufficio ogni giorno c’è qualcuno che porta un dolce per festeggiare un compleanno, o vado al bar e mi mangio un paio di paste e un gelato, passo in pasticceria quando esco dal lavoro e  lì è la mia rovina.

Poi non finisce qui! Quando torno a casa prima di cena stanco e stressato mi fiondo sulle patatine e faccio il mio “aperitivo”, finisco pacchetti interi davanti alla televisione e neanche me ne accorgo.

Ho capito che l’ennesima dieta miracolosa non sarebbe stata la soluzione, dovevo tentare qualcosa di diverso e sono venuto da lei. La mia situazione è disperata, vero dottoressa?” – dice con un sorriso ironico.

Con lo stesso sorriso rispondo “Bene, il suo problema mi è chiaro e la informo che è in buona compagnia più di quanto crede.

Le diete non hanno funzionato e purtroppo mi dispiace informarla che le diete restrittive funzionano solo a breve termine, a lungo termine in realtà fanno ingrassare!

Una ricerca dell’American Psicological Association dimostra che le persone che sono a dieta nel lungo termine hanno la tendenza ad ingrassare mentre quelle che non seguono una dieta non ingrassano.

Andrea mi guarda sbigottito.

Io continuo:

Lei fa i tre pasti regolarmente?

– No a volte li salto per recuperare quello che ho mangiato fuori pasto, oppure mangio qualcosa di leggero tipo un’insalata

Nel momento in cui a tavola mi vieto le cose che mi piacciono di più il desiderio di quelle cose aumenta o diminuisce?

– pausa –

– In effetti aumenta

Lei fa di tutto per mangiare sano ai pasti ma poi quando arriva al pomeriggio come un fiume in piena travolge tutto.

– Gli occhi spalancati, mi segue in silenzio

Quindi mangiare leggero ai pasti fin’ora ha funzionato o no?

– no, direi di no

Io le propongo qualcosa di diverso ovvero quella che si chiama dieta paradossale:  mangi solo e soltanto quello che le piace di più senza limiti di qualità né di quantità ma solo e soltanto nei tre pasti, colazione, pranzo e cena, nulla fuori.

Informi la moglie che le prepari ogni leccornia che desidera e imbandisca la tavola per lauti banchetti.

Incredulo, ma contento mi saluta.

Nelle settimane successive torna e mi racconta che i primi giorni ha mangiato di più ai pasti concedendosi tutti i cibi proibiti a cui aveva rinunciato in questi anni senza limiti.

“Non mangiare fuori pasto non è stato difficile perché ai pasti mi toglievo tutte le voglie che avevo.

Dopo una settimana però mi sono accorto che non ne potevo più di dolci, patatine e lasagne, incredibilmente ho cominciato ad aver voglia di cose più sane da alternare a cose più pesanti e grasse.”

Ma la cosa che più lo ha stupito è stato che la bilancia ha segnato sempre lo stesso peso nonostante i pasti luculliani.

Abbiamo continuato così per alcuni mesi durante i quali i pasti sono diventati spontaneamente più salutari e meno abbondanti perché il corpo pian piano senza l’influenza della mente e dei condizionamenti si è riappropriato della capacità di sentire la sazietà e il desiderio di quello di cui ha realmente bisogno per mantenersi in salute, il tutto senza rinunce.

Dopo qualche mese il peso era sceso lentamente ma costantemente e dopo un anno e mezzo Andrea ha detto addio a quei maledetti venti chili di troppo.

<< Se me lo concedo posso rinunciarvi, se non me lo concedo diventerà irrinunciabile >>

Per approfondimenti:

Giorgio Nardone, La dieta paradossale, Ponte alle Grazie, Milano, 2007.

Giorgio Nardone, Luca Speciani, Mangia, Muoviti, Ama, Ponte alle Grazie, Milano, 2015.

Giorgio Nardone, Tiziana Verbitz, Roberta Milanese, Le prigioni del cibo. Vomiting, anoressia, bulimia, 1999 (TEA, 2005).

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