Attacchi di panico

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Il panico può essere definito la paura della paura. Gli attacchi di panico vengono descritti come fulmini a ciel sereno perché arrivano molto spesso in situazioni imprevedibili in cui la persona è apparentemente rilassata. Altrimenti potrebbero arrivare in situazioni ritenute minacciose o ansiogene come per esempio in autobus o al supermercato. I sintomi più comuni sono: uno stato di ansia o agitazione crescente,  l’alterazione del battito cardiaco e dei ritmi fisiologici, la sensazione di mancanza d’aria, di soffocamento, calore e sudorazione aumentata, oppure tremito e “sudore freddo”, vertigini, senso di stordimento, eccetera…

I pensieri riguardano la paura: di impazzire, di svenire, di perdere i controllo, di rimanere intrappolato e non poter fuggire, di morire. Questa terribile esperienza dura all’incirca 10 minuti, al massimo mezz’ora, ma lascia un forte strascico di paura e di estrema stanchezza.

Gli attacchi spesso si ripetono fino ad arrivare a disturbare fortemente la vita di una persona. A volte invece basta un solo attacco per scatenare una reazione di controllo sulla propria vita al fine di non ripetere più l’esperienza. La persona arriva a rinunciare a molte situazioni temute oppure le affronta ma con la continua paura di poter riavere un attacco, con ansia che diventa generalizzata e costante.

Ma cosa avviene a livello fisiologico?

Quando una persona percepisce una variazione delle sue sensazioni fisiologiche questa può essere percepita come “normale” oppure come un segnale di paura, di allarme. Questo segnale arriva immediatamente al tronco encefalico (la parte del nostro cervello più antica) che la interpreta come minacciosa ancora prima che la corteccia dia la sua interpretazione (la corteccia è invece la parte più evoluta, dove avvengono le elaborazioni logiche). Quindi la reazione emotiva è più veloce e automatica di quella cognitiva e quando parte sono inutili le rassicurazioni del tipo “non ti preoccupare, rilassati, cerca di stare calmo”.

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